John Berger
John Berger
Critico dell’arte, poeta, giornalista, romanziere, sceneggiatore cinematografico, autore teatrale e disegnatore o – come lui stesso preferisce definirsi – semplice storyteller, John Berger (Londra, 1926) è forse lo scrittore vivente più amato e seguito da scrittori, artisti, filmmaker, fotografi, uomini e donne di teatro di tutto il mondo. I suoi saggi dedicati alla fotografia, accanto a quelli di Roland Barthes e Susan Sontag, sono da annoverarsi tra i testi decisivi della seconda metà del Novecento. Riporto solo un suo pensiero sulla fotografia tratto dal nuovo volume della collana “Riga” dedicato interamente a lui (Riga 32 John Berger a cura di Maria Nadotti 2011).
“Una fotografia arresta il flusso temporale in cui l’evento fotografato esisteva. Tutte le fotografie sono del passato, ma in esse un istante del passato viene fermato; cosicché, diversamente da un passato vissuto, questo non può mai portare al presente. Ogni fotografia ci comunica due messaggi: l’uno che concerne l’evento fotografato e l’altro che ha a che fare con il trauma della discontinuità.
Tra il momento registrato e quello presente in cui si osserva la fotografia c’è un abisso. Siamo così abituati alla fotografia che non recepiamo più coscientemente il secondo di questi messaggi, se non in circostanze speciali: per esempio, quando conoscevamo la persona fotografata che ora è lontana o morta. In questi casi, la foto è più traumatica di quanto non siano i ricordi o i rimpianti perché sembra confermare, profeticamente, la discontinuità successiva creata dall’assenza o dalla morte.”
19 giugno 2012